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Dove praticare in Italia l’aborto con la pillola RU 486 |
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20/03/2012 |
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La pillola RU 486 per l’interruzione volontaria di gravidanza
Premettiamo che l’Ivg (interruzione volontaria di gravidanza) è autorizzata con modalità precise da una legge, la 194, approvata nel 1978 e riconfermata dal referendum del 1981, ma nonostante questo oggi se ne discute ancora tanto. Negli anni gli aborti volontari sono diminuiti di molto: circa 135mila casi oggi, rispetto ai 235 mila del 1982/83.
C’è però ancora qualcuno che propone di rivedere la legge e anche chi ne chiede applicazioni più efficaci, e a proposito di RU486 sta nascendo una vera e propria rivoluzione. Ma la pillola abortiva, peraltro già diffusa in alcuni paesi Europei, è semplicemente uno strumento in più, che sarà disponibile (se non ci saranno intoppi politici) per aiutare le donne a superare un evento spesso doloroso e particolarmente difficile. Aborto chirurgico
In Italia, per ora, le donne che vogliono interrompere una gravidanza possono ricorrere esclusivamente all’aborto chirurgico (tranne casi di sperimentazione per quello farmacologico). La prassi prevede che la donna si rivolga ad un consultorio pubblico, all’ospedale o ad un medico di fiducia, entro il 90° giorno di gestazione, e poi dovrebbe attendere 7 giorni per accedere all’intervento. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione la donna deve fare delle analisi di controllo per interventi di piccola chirurgia, e nel caso verrà utilizzata l’anestesia totale, anche una radiografia al torace. L’intervento viene effettuato in day osipital e raramente si somministra un ciclo di antibiotici per prevenire infezioni.
Nella maggior parte dei casi si pratica l’isterosuzione detta anche aspirazione: una procedura dove il collo dell’utero viene leggermente dilatato e si inserisce una cannula collegata ad un aspiratore che svuota la cavità uterina. In altri casi, invece la procedura adottata è il raschiamento, che prevede una maggior dilatazione e l’utero viene svuotato con l’uso di pinze. Solitamente l’intervento, della durata di pochi minuti, viene effettuato in anestesia totale.
L’articolo 9 della legge sull’aborto, specifica che gli enti ospedalieri sono tenuti a garantire l’intervento; tuttavia nella realtà le cose vanno diversamente giacché i ginecologi obbiettori di coscienza sono circa il 60 % e tra gli anestesisti e paramedici la percentuale è tra il 36 e 46%. Per questo motivo i tempi che le donne devono attendere prima di praticare un aborto chirurgico sono lunghi, e solo la metà di loro riesce ad effettuare l’intervento entro due/tre settimane. Molte sono costrette a spostarsi, cambiare città o ospedale per ottenere l’intervento in tempo utile, o anche solo per avere il primo appuntamento.
Ovviamente questi tempi attesa e la difficoltà a trovare in tempo utile una struttura disponibile, generano nella donna ansia e stress, per non parlare della mancanza di un counseling adeguato e alle interferenze del personale sanitario obbiettore o gli attivisti del movimento per la Vita presenti in molte strutture.
Le conseguenze psicologiche dell’Ivg, sono comunque lievi o certamente minori di quelle causate dal proseguimento di una gravidanza non desiderata. Le linee guida internazionali considerano più a rischio psicologico, quelle donne che non sono totalmente convinte della loro decisione, non hanno un partner di sostegno o appartengono ad un gruppo culturale che condanna l’aborto. In questi casi è utile una consulenza psicologica dopo l’interruzione di gravidanza. Aborto farmacologico
Le procedure normative per assumere la pillola abortiva sono le stesse dell’aborto chirurgico: la legge italiana, infatti, non specifica niente a proposito dei metodi da usare per l’interruzione di gravidanza, anzi prevede che ci siano aggiornamenti medici. La maggior parte delle linee guida sostengono sia preferibile usare questo farmaco entro il quarantanovesimo giorno di gestazione (cioè 7 settimane dopo la data dell’ultimo ciclo mestruale), a differenza dell’intervento chirurgico che può essere effettuato entro il 90° giorno di gestazione. Comunque dopo tale giorno l’Ivg è ammessa solo in caso di grave pericolo per la vita o la salute fisica e psichica della madre. Aborto con la pillola RU 486
Bisogna innanzi tutto precisare che l’aborto farmacologico non ha nulla a che vedere con la pillola del giorno dopo. RU486, è la sigla usata per la sperimentazione del mifepristone, l’ormone steroideo, antiprogestinico venduto con nomi diversi: Mifeprex in America e Mifegyne in Europa. Questo farmaco ha anche altre indicazioni terapeutiche, ma a dosaggi di 200/600 mg viene usato solo per l’aborto all’interno degli ospedali, in combinazione alla somministrazione di prostaglandine, necessarie per l’espulsione dell’embrione. Si tratta di un metodo collaudato, usato in molti Paesi e che ha ottenuto il consenso dall’Oms (organizzazione Mondiale della sanità) e dell’Emea, l’agenzia europea del farmaco. Come avviene l’interruzione di gravidanza con la RU 486
La donna che decide di interrompere una gravidanza, dopo aver ottenuto l’autorizzazione presso un Consultorio, l’Ospedale o il proprio ginecologo, si deve sottoporre ai necessari esami del sangue e lo stesso giorno deve assumere il mifepristone presso la struttura sanitaria. Nel 2% dei casi questa prassi è sufficiente a provocare l’aborto. In genere, però, la donna torna a casa e si ripresenta dopo due giorni per la somministrazione delle prostaglandine, e aspetta l’espulsione del feto che nella maggior parte dei casi avviene entro 4 ore. A volte invece, questo lasso di tempo non è sufficiente e l’aborto vero e proprio avviene dopo uno o due gironi. È sempre necessario fare un ecografia per verificare che l’embrione sia stato espulso, cosa di cui la donna non sempre si rende conto a causa della presenza di sangue e materiale organico, e un embrione di 7 settimane è lungo appena un centimetro. Quando si può ricorrere alla RU486
La RU486 è un metodo meno invasivo rispetto all’aborto chirurgico e lascia alla donna la sensazione di essere responsabilizzata e coinvolta nella procedura. Permette di intervenire nelle prime settimane e di non sottoporsi all’anestesia e potrebbe anche consentire di limitare le lunghe liste di attesa dell’intervento tradizionale. Da un punto di vista economico i vantaggi non sono rilevanti: al Servizio Sanitario Nazionale la pillola abortiva cosa circa 850 €, mentre l’intervento chirurgico costa 950 €.
I rischi di fallimento sono pochi, non superano l’1%; nel 10% dei casi avviene un’espulsione parziale, che poi si completa spontaneamente successivamente, e in altri pochi casi 2-10 % è necessaria una revisione della cavità interna. Per quanto riguarda la sofferenza fisica, solitamente i dolori sono molto simili a quelli provati durante il ciclo mestruale; comunque nel caso la donna abbia forti spasmi vengono somministrati degli analgesici. In alcuni casi si possono verificare disturbi come diarrea e vomito.
Il trattamento è controindicato a coloro che soffrono di insufficienza surrenalica, asma severa e porfiria ereditaria. Se la donna soffre di malattie renali, epatiche e cardiache è fondamentale avvisare il ginecologo che tratterà con cautela la paziente. Risvolti psicologici dell’aborto con la “pillola”
Secondo uno studio francese pubblicato qualche anno fa, la maggior parte delle donne che hanno fatto ricorso all’aborto medico si sono dette soddisfatte perché la procedura usata riduce l’ansia dell’attesa, non comporta interventi nella zona genitale e consente una maggiore intimità. È il metodo preferito da coloro che vogliono vivere questa esperienza in modo consapevole, ma anche in parziale solitudine e, in parte, al di fuori dell’ospedale. Dove praticare in Italia l’aborto con la pillola RU 486
Mentre in Francia questo farmaco è disponibile da oltre 20 anni, in Italia non è stata ancora data l’autorizzazione per poter usare questo metodo di interruzione di gravidanza in tutti gli ospedali della nazione. Fino a pochi mesi fa era stato usato in via sperimentale a Torino, Bologna, Trento e in alcune Asl toscane, dove il farmaco è stato richiesto all’estero ogni volta, per i singoli casi. L’Aifa ha poi dato il suo parere favorevole concedendo l’autorizzazione a mettere in commercio il farmaco in questione, ma il governo ha stabilito (dicembre 2009) che la pillola non può essere venduta in farmacia, ne essere assunta direttamente dal paziente senza controllo medico. E’ stato quindi ufficialmente deciso che la donna che desidera interrompere la gravidanza facendo ricorso alla RU486 deve necessariamente chiedere e ottenere il ricovero in ospedale, e che esso deve durare tutto il periodo necessario, dall’assunzione della pillola fino al termine del periodo di osservazione post-aborto. La pillola è stata quindi vincolata alle medesime procedure previste dalla legge 194 sull’aborto. |
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